sabato 27 aprile 2013

Il licantropismo dell'Uruboro

Mi  domando perchè sia spesso così difficile vedersi. Perchè per osservare in modo completo si debba uscire fuori da sè e perchè la contingenza sia, a quest'operazione, un'ostacolo così forte.
Mi domando perchè sia così difficile accettare di guardarsi un po'. Perchè non si accetti che chi è fuori da te possa vederti meglio di come pensi.
Mi domando perchè sia così difficile dare voce all'essere nell'apparire e fare in modo che siano lo stesso. Perchè continuare ad urlare "non è come sembra".
Mi domando perchè non si possa cancellare, abbattere, incenerire, disintegrare l'apparire. Perchè si continui ad interpretare la realtà e non a Viverla e a Combatterla là dove non ci piace.

La verità è che il buonismo diventa tale quando non c'è niente di buono.
La verità è che il coraggio non è vero che non è di questo mondo.
La verità è che nel mondo ciò che appari Sei e Non si scampa. Mai.
La verità è che è profondo chi di profondità vive ma è vivo chi di profondità grida.
La verità è che se fai l'antipatico Sei antipatico e che chi ti sta intorno ha il Dovere di pensare che in quel momento sei nervoso esattamente come ha anche il Dovere di considerarti antipatico se lo fai anche domani e dopodomani.
La verità è che la comprensione ha un limite: non puoi aspettarti che se continui a sbagliare la gente Debba continuare a capire. Dopo un po' (aihmè certo) alla gente non importa più.
La verità è che sbagliare può diventare un vizio.
La verità che la soluzione non è nascondersi ma vedersi, capirsi, ammettersi, accettarsi e cambiare.
La verità è che l'eroe vero è chi prova prima e riesce (perchè ci riesce) poi ad essere ciò che vuole essere.
La verità è che se non ti piace ciò che sei stato oggi tanto vale cambiare domani.
La verità è che è difficile capire che non ti sei piaciuto oggi e se non ci riesci non cambierai domani.

La verità che è difficile combattere il licantropismo dell'uruboro.


mercoledì 17 aprile 2013

#Racconto1 - L'inestetismo: questo sconosciuto

Oggi va così.
La mattinata procedeva serena. Avevi comprato quel costume bellissimo, di un colore che sposava con il tuo incarnato, ti andava a pennello valorizzando il seno, il sedere e la schiena. Quella mattina  avevi passato molto tempo in bagno, la perfezione esige il suo tempo: creme schiarenti e decoloranti (puzzolenti e super pruriginose con le quali avevi dovuto fare le pulizie), doccia, maschera per i capelli, scrub corpo, attenta e sofferta depilazione, olio, scrub viso, maschera viso, schiuma, gel, lacca, sbiancamento denti, pedicure, manicure, sopracciglia, smalto; la palestra e le sane camminate avevano riempito i muscoletti qui e lì il giusto e ti aveva donato quel po' di fiato che avrebbe già dovuto donarti la giovinezza; la dieta sana a base di zucchine (per la felicità delle mie amiche), melanzane, poco olio, poco sale, poco zucchero, molta acqua (sempre in borsa a rischio di sciangarti una spalla) aveva donato freschezza alla pelle e adeguata piattezza alla panciotta. La routine sarebbe proseguita nell'attenta scelta dei capi da indossare per uscire: colori, tessuti, pesantezza, leggerezza, accessori, brillantezza, opacità, trucco, parrucco, comodità, scomodità ("per chi bella vuole apparire un poco deve soffrire..." sante parole di mia madre e di mia nonna)... tutto scelto, meditato e studiato.
Ma prima... Proviamo il costume: sta bene, sì, bello, sì, bene, carina nel suo genere, bella nel suo genere, dai, figa. Fino a quando... gli occhi si posano su quel "fastidioso inestetismo". Chi non ha un fastidioso inestetismo? In un attimo, gli occhi sgranati e negli occhi una storia: "ok, da domani a dieta ferrea: niente pane, pasta, dolci, anzi più niente, solo thè. Le ore di palestra: due? Poche, meglio sei. Creme, molte, costose, quelle costose funzionano. Massaggi, molti. Saune fai da te con il tetra pack, passerò la giornata in bici. Massì, in due o tre settimane...". Ma che diamine dici? Cosa, cosa? Ma ti pare? Tutta la tua vita in tre decimi di secondo era stata sconvolta, pianificata, deturpata, intorpidita, stordita, picchiata, sfasciata in modo tale che aderisse bene ad un solo, unico, importante, inquietante pensiero: il fastidioso inestetismo. Gli occhi tornarono dal terribile viaggio nelle valli desolate della mente, gli occhi negli occhi dello specchio. La tua faccia: pallida, terrorizzata e triste. Il pianto isterico era in arrivo. Ci voleva calma e autocontrollo. Il respiro affannato. Terribile momento... speravi non suonasse il campanello o squillasse il telefono: l'ignaro malcapitato avrebbe rimpianto amaramente la propria voglia di vederti e sentirti.
D'un tratto, il miracolo: lo sguardo tornò sul costume, sulle curve, sul corpo profumato  liscio e idratato, sui capelli appena fatti, le dita che sfioravano quel corpo erano smaltate perfettamente, gli occhi addolciti da sopracciglia perfette...

Quella mattinata, una delle tante nella fatica di essere perfetta. L'Agonia della perfezione: una donna Deve essere perfetta e tutta quella fatica, tutti quei soldi in creme, tutto quel correre, bhè, se lo fa anche piacere. Sembra una lezione di danza classica a volte: "su la testa cara, le braccia morbide, sorridi! Si vede lo sforzo!". E così... Le Donne faticano già tanto... perchè non possono, di tutta quella fatica, essere felici? Perchè non abbandonarsi al risultato?
Che cavolo significa poi "inestetismo"?? è una parola orribile, da sola è già un insulto. Per i greci invece la parola "estetica", per quelli, cioè, che l'hanno articolata per primi, significava semplicemente "sensibile, percepibile con i sensi"... Baumgarten, poi, no, non quello che si è lanciato dallo spazio, quello che alla metà del 700 ha pubblicato una "Teoria del bello" chiamandola "Aesthetica" (ed eviterò la digressione filosofica, che pur ci starebbe!), quello tra l'altro che ha introdotto questa parola nel vocabolario moderno, considerava il bello come una percezione confusa, come un sentimento. Un sentimento. Proviamo a tornare, per cui, all'essenza, alla vera pesantezza di concetti e parole.

Il bello è una percezione, un Sentimento (d'amore), non un canone al quale adeguarsi.

In questo racconto di fantozziana memoria manca il finale. Cosa ha fatto poi la nostra eroina? Ha combattuto il nemico inestetismo con crema e pesi in mano? No, non l'ha fatto. Certo, a volte ci pensa ma poi un po' si guarda, un po' si ascolta, un po' ascolta e dà fiducia a chi la Ama e che con la voce dell'Amore (che non è una voce falsa, di parte, ma la più giusta, la più bella) le dice che è bella e che è brava perchè ancora si affanna nella sua routine per vivere la vita sana e attenta e per essere il più possibile Bella, ai suoi occhi e sopratutto (diciamocelo) agli occhi degli altri... ma ora quel piccolo inestetismo è solo lì, come è lì il suo seno, come sono lì i suoi fianchi e come sono lì i suoi ricci, il suo naso; è lì, fa parte di lei e lo distingue da una cosa brutta. Non è una cosa disgustosa, orribile alla vista, ripugnante, come potrebbe suggerire la parola "inestetismo" (che significa propriamente "difetto")... è una caratteristica che dobbiamo imparare ad amare perchè se le nostre amiche non lo notano, il nostro ragazzo neanche e, anzi, tocca quell'inestetismo con Amore come ogni altra parte del nostro corpo allora perchè non amarlo anche noi? Perchè non possiamo guardare noi stesse tutte unite, corpo e anima, come corpo e anima guardano le persone che ci amano? Perchè non capire che non esistono difetti ma solo caratteristiche? Perchè far vincere la paura e non l'amore (che è bellezza)? Perchè far vincere chi vuole giocare con noi, con il nostro corpo e con la nostra mente? A televisione, giornali e riviste che fanno tornare quella paura con i loro: "prova costume in arrivo!", "hai quel fastidioso inestetismo? Allora prova anche tu, per millemila euro, lo straordinario prodotto..." non possiamo imparare a riservare lo stesso trattamento? Spegnamoli e chiudiamoli e parliamo con chi c'è accanto a noi, guardiamoli e facciamoci guardare. Certo, se vuoi provare lo straordinariato prodotto fa pure, ma non spalmarci insieme tutta l'ansia e la paura che stavano tanto bene lì, in quel barattolo da cui l'hai spremute.
Il mio corpo è mio, sono io, e io lo amo perchè come me non c'è nessuno...!



mercoledì 10 aprile 2013

Il decalogo per svegliare il Drago Cinese


Il decalogo delle cose che non sopporto 
(che mi fanno diventare, cioè, il mitologico Drago Cinese):

1- I ritardi
2- Le bugie
3- Essere ignorata
4- Chi non capisce quello che letteralmente dico per poi farmi divetare ripetitiva
5-Chi sfugge il confronto
6- Chi non chiarisce (subito) 
7- L’orgoglio 
8- Quando scopro che la persona dalla quale vorrei conforto e consolazione non è in grado di consolarmi (domanda fondamentale: sei consolabile?)
9- L’inefficienza (derivata spesso dall'insopportabile incoerenza)
10- Chi non vede il disagio 

Dedicato a Marica, un'amica fissata con le bestie cinesi.

I "panni"


Cosa vuol dire “mettiti nei miei panni”? Sembra una cosa semplice ma molti fraintendono.
Molti pensano voglia significare “tu al posto mio cosa faresti?”. Sbagliato.  È più corretto “tu se fossi me, con i miei problemi, i miei precedenti, il mio carattere, le mie abitudini, le mie convinzioni cosa faresti?”. È  facile capire che non è una richiesta che si fa spesso per aver consiglio, quanto più per giustificare un comportamento. Ed è anche incredibilmente facile comprendere che, per poter fare una richiesta del genere, occorre che l’altra persona ti Conosca, ti Rispetti e ti Stimi.
È necessaria un’approfondita conoscenza perché bisogna pur conoscerli tutti quei problemi, quei precedenti, quel carattere (cioè quel “modo di reagire alle cose”), quelle abitudini, quelle convinzioni.
È assolutamente necessario il Rispetto. Sembra superfluo spiegare il perché di questa necessità, perché il rispetto è dovuto, a tutti. Posso non essere d’accordo  o persino non capire ciò che pensi, che dici e che fai ma dovrò rispettarti, per forza è una questione di democrazia e, si sa, il “demos” è bello perché è vario. Voltaire docet : “non credo nelle tue idee, ma lotterò fino alla morte perché tu possa esprimerle” .
Stima.  “Sono d’accordo” o più, semplicemente, “capisco”. La comprensione di un fatto o un atto slegata dal fatto di esservi concordi è cosa difficile. “Non l’avrei mai fatto o detto ma ti capisco”, è quasi un atto di Misericordia, anzi, probabilmente lo è in pieno.
E ancora quindi: è necessario mettersi in quei panni. Che non vuol dire altro che nella pelle, nel corpo, nella testa. 
Del resto i vestiti un po’ rappresentano pelle (cultura, abitudini, carattere), corpo (fisico, rapporto con sé stessi e con gli altri) e testa (ideologie, pensieri, umore, fatti di vita).
E allora: noi viviamo nel mondo, nel paese, nel gruppo, tra la gente. Gente varia con la quale condividiamo alcune cose e non altre, gente con la quale ci incontriamo, con la quale spesso Dobbiamo stare (in classe, in aula, in ufficio, al supermercato, nel condominio, in strada, in comitiva) ma se solo non temessimo la diversità, se solo la facessimo nostra, se solo fossimo consapevoli di essere noi stessi “uno, nessuno e centomila”, se solo fossimo "tolleranti" (vale a dire se aprissimo gli occhi là dove c'è da tenerli aperti e abbassassimo lo sguardo là dove il Rispetto ce lo impone), se solo ci fosse sinergia (dal greco "synerghìa", “collaborazione”, dove “energia” non significa altro che “agire” e “syn” non vuol dire altro che “insieme”)… Se agissimo l’uno Con l’altro e l’uno Per altro, per stare tutti bene, in un rapporto, in una questione, in un alterco… Se solo ci fosse l’abitudine di entrare nella pelle degli altri, di Tutti gli altri, proprio proprio tutti (omosessuale e l’uomo di chiesa, il bambino e l’adulto, l’amico e il conoscente, il morigerato e l’istintivo, l’estroverso e l’introverso…) e se non si avesse paura di farsi scoprire, di essere felici di parlare, di aprire il proprio mondo… antipatie, discussioni, liti e guerre esisterebbero ancora?

(È necessario. È un verbo che uso così spesso, me ne accorgo rileggendo tutte le mie, tante, parole. Ma è vero, di tutte queste Parole io sento la Necessità. )

martedì 9 aprile 2013

La scatola

Un rapporto d'Amicizia o d'Amore è un po' come una scatola. Essa ha delle regole, dei limiti e delle possibilità e per poterci stare comodi non ci si può allargare più del dovuto nè stringersi tanto da raggomitolarsi. C'è chi è un cubo (io lo sono, ad esempio), chi è una sfera, chi un parallelepipedo. Per entrare comodamente tutti nella stessa scatola un po' bisogna modificarsi, smussare un angolo che troppo sporge, rendere convesso un lato troppo dritto, spostare in forma concava una parte là dove c'è dello spazio. In quella scatola sembra quasi, ora, che le diverse forme e materie siano Una cosa sola, tutti son comodi, si capiscono e si assecondano (là dove è possibile nei limiti di ognuno e della scatola), un po' sopportano e po' supportano.
Insomma, forse i barabapapà sarebbero potuti essere maestri di questa disciplina vitale.  

Lo spazio conosciuto


È piacevole pensare al mondo come lo spazio. Pieno di tanti corpi informi che cercano la propria orbita... Nessuno sa se nasciamo perfetti, cresciamo affondando nell'imperfezione e invecchiamo nel tentativo di tornare perfetti, oppure nasciamo già deformi pronti a scoprire come far uscire ciò che in quella informità, costretto, rinchiuso, scalpitante vive.
Quel che è certo è che arrivati ad un anno, un giorno, della nostra vita decidiamo che non siamo più come eravamo, dentro, e scalpitiamo. Cosa cambia?
Mi vedo (e vedo gli altri) come una massa informe piena di liquido fluorescente che diventa un po' concavo assecondando il movimento che dall'esterno spinge, e a volte, invece, diventa un po' convesso per assecondare il liquido che spinge dall'interno l'esterno.
In tutti questi movimenti spesso la pelle fa male. Dove porteranno o dove devono portare tutti questi movimenti? Io credo alla sfera. Bisogna trovare la circonferenza perfetta ed evitare che troppi movimenti, dall'esterno o dall'interno, portino ad una forma ancor più mostruosa. Ognuno ha i suoi tempi, come la modificazione dei pianeti, ma, come loro, ognuno vuole trovare la sua orbita... E passa molto tempo vagando, vaga, vaga, a volte si ferma pensando di aver trovato la rivoluzione e la rotazione giuste per sé; a volte è l'orbita tutt'a un tratto che ti spinge via, chissà nell'universo cosa è successo, a volte sei tu che ti sganci perché dall'intero la tua forma è cambiata e non è più conforme a seguire quell'orbita, a volte è un altro pianeta che collide con te e ti spinge via, modificandoti, talvolta irreparabilmente, dall'esterno... Ma la ricerca dell'orbita giusta non finisce mai, finché non la trovi. Sembra, ogni tanto, che tu sia fermo ma nello spazio niente è fermo, tutto si muove e tutto cambia, nulla scompare e tutto modifica tutto, sempre. Così va il mondo e così va l'universo... Forse questo "spazio" non è poi così sconosciuto.
Spesso si dimentica che l'Orgoglio è solo cugino dell'Egoismo ma è fratello del SadoMasochismo.
(L'Egoismo è per se stesso, l'Orgoglio non è per nessuno.)

Chiavi di lettura e chiavi di apertura

Per andare d’accordo con le persone bisogna conoscerle, capire le loro chiavi di lettura per arrivare alle chiavi di apertura.
Al mondo ci sono persone complesse e persone elementari e, benché sarebbe il sogno populista di ognuno, questa distinzione non corrisponde ai sessi. Una volta che si è capito a quale categoria l’interlocutore appartiene sarà facile approcciarsi a lui se si segue la sua onda. È facile davvero: la persona elementare devi trattarla in modo elementare, la persona complessa puoi e/o devi trattarla in modo complesso.
Tendenzialmente però non si è più in grado, ad oggi, di far rientrare in modo perfetto una persona in una delle categorie, quindi sarà necessario essere più attenti e capire in quale ambito la persona risulta elementare e in quale complessa.
Eh, lo so. “Avevi detto che era facile ma così le cose tornano impossibili!”. No, no, non è vero. Bisogna solo stare attenti al primo tassello: le chiavi di lettura. Ricordare che se, a vostro parere, la persona ha un vantaggio nei vostri confronti che voi vi sentite in dovere di concedergli o non riuscite a farne a meno, bhè, sfruttate su di lui lo stesso vantaggio. Provate un giorno a chiedere di avere anche voi il medesimo vantaggio, se lui ritiene non ci sia niente di male non ci sarà niente di male nemmeno che lo facciate voi. (Se è in cattiva fede attenzione però, non funzionerà. La gente in cattiva fede va solo trattata con cattiveria e non rientra nelle nostre categorie e nel nostro discorso.)
Qui parliamo di blocchi, di incomprensioni. Una persona complessa potrà complessamente sentirsi bloccata per il fatto di non riuscire a comunicare efficacemente ad una persona elementare i propri desideri e le proprie necessità mentre magari lui, il complesso, ritiene di capire tutto (e magari è vero) dell’altro. Ecco , è di questo che parlo. Ma se il complesso continua con ABC, non ottenendo tra l’altro lo scopo, quando basterebbe solo C, una bella C, fatta bene, per farsi capire, come potrà mai convivere con una persona in modo perfetto, Perfetto davvero, se abbiamo detto che ogni persona ha un po’ di elementarità e un po’ di complessità in sé? Sblocchiamoci signori e Capiamo, adattiamoci così come vogliamo che la gente si adatti a noi, la vera difficoltà è solo questa, il resto poi sarà più facile.

La Ragione


“Per avere ragione la ragione bisogna darla.”
Ora, questa frase può essere interpretata in tre modi:
a- Per avere ragione bisogna utilizzare la ragione, nelle discussioni ed in genere;
b- Per avere ragione bisogna dare ragione quando, immedesimandosi, si ritiene che l’altro abbia ragione, anche in prospettiva di potersi successivamente vedere riconosciuta la propria ragione in altre situazioni;
c- Per avere ragione si deve dare ragione quando l’altro ha ragione, semplicemente… perché se l’altro ha ragione certo non sbaglierai a riconoscergliela.
Mi rendo conto però che troppa “ragione” confonde.

Il grado di Amico

Diciamocelo… I rapporti sono fatti di dimostrazioni.
Tra parenti il fatto di essere legati da rapporti di sangue spesso limita la possibilità di conoscersi veramente e di dimostrarsi con attenzione ciò che si vuol essere per l’altro… “è sempre tuo fratello!”, “è sempre tuo padre!”, “tua zia!”.
I parenti spesso si permettono ingiustizie per proprio tornaconto che tra amici non ci si permette. Perché altrimenti non si è Amici.
Tra parenti spesso non si sente il bisogno di capire, di chiedere, di osservare perché si crede che il solo grado di parentela ti apra le porte dell’onniscienza. Quando si decide di voltare, a torto o a ragione, le spalle ad un parente si è consci che con quel parente non smetterai mai di essere parente. Con un grado qualsiasi di parentela si nasce e si muore. I gradi nell’Amicizia non ci sono: o si è Amici o si è qualcos’altro. E l’Amicizia non ti si appiccica addosso come un tatuaggio. Un Amico è tale quando quest’oggi mi ha teso la mano e quando domani me la tenderà; non se ieri me l’ha tesa e domani con quella mano fa il suo interesse tirandomi in un burrone, piccolo o grande che sia. Il “grado” di Amico si guadagna e si perde ogni giorno. In questa era chi vive di rendita è antipatico a tutti… Non si è mai sentito “ma è sempre il tuo amico!”. No, se mi volta le spalle non è o non è più un mio Amico, potrà essere un compagno, un conoscente ma no, non è proprio un amico.
Tuttavia c'è anche da considerare la questione dei torti (involontari, perchè se fossero volontari il discorso è tanto scontato da non attirarmi un ragionamento): al parente il torto lo si perdona difficilmente, il parente non te lo scegli e quindi non puoi non essere diffidente con chi non conosci.
L’Amico fa e tu lo ringrazi perché non era obbligato. Il parente non fa e tu lo bestemmi perché teoricamente era obbligato. Chi sono le persone sulle quali puoi contare? Gli Amici o i parenti? Oh, sia chiaro, l’uno non esclude l’altro, tutto è possibile: due cugini, fratelli o sorelle possono imparare ad essere grandi Amici perché, è ovvio, l’Amicizia si impara giorno per giorno e non è il “grado” a tenere il rapporto ma quel che si fa per l’altro e con l’altro, è la Volontà.
L’Amico anche nella tempesta della sua esistenza, anche contro voglia, anche con fatica ti dona gesti d’Amore perché sa che è giusto darteli perché sente di darteli e perché tu non glieli chiedi che con la profondità dello sguardo, anche se in fondo chiunque può credere che la tua esigenza sia ridicola… Niente è ridicolo per chi arriva a chiedere.
L’Amico gli errori te li fa notare e te li perdona davvero, al parente spesso non interessa.
Gli Amici vivono insieme nel Giusto e nell’Affetto, i parenti vivono insieme nella parentela.

Non smetterò mai di ringraziare la mia Famiglia perché è speciale, speciale davvero, l’ho scelta tutta io e tutti loro hanno scelto me. È tutta composta da Amici. 
Le Donne non è che sono pretenziose… è che a volte non sanno sopportare. Spesso, in realtà.

Il Tempo.



"Fai così, o mio Lucilio, riservati il possesso di te stesso, e conserva e custodisci il tempo, che fino ad ora o ti era tolto o ti era sottratto di nascosto o ti sfuggiva. Convinciti che ciò è così come scrivo: alcuni tempi ci vengono rubati, alcuni ci vengono sottratti, alcuni ci sfuggono. Tuttavia la più vergognosa perdita di tempo è quella che avviene per trascuratezza. E se starai attento, la gran parte della vita sfugge nell'agire male, molta nel non far nulla, tutta la vita nel fare altro. Sapresti indicare qualcuno che attribuisca un qualche valore al tempo, che apprezzi il giorno, che comprenda di morire ogni giorno? In questo infatti ci inganniamo, cioè nel fatto che vediamo la morte lontana: la gran parte di essa è già passata. La morte possiede qualsiasi cosa sia dietro la vita. Perciò fai, o mio Lucilio, quello che scrivi di fare, cioè di tenere strette tutte le ore. Così accadrà che tu sia meno attaccato al domani, se metterai le mani sull'oggi. Finchè si rinvia, la vita trascorre. Tutte le cose, o Lucilio, ci sono estranee, solamente il tempo è nostro."
-Seneca, De brevitate Vitae-

Il tempo passato senza nessuno.
Il tempo passato a cercare qualcuno.
Il tempo passato Con qualcuno.
Il tempo passato Essendo con qualcuno.
Il tempo passato Vivendo con qualcuno.

Le cose da fare sono tante ma non essere il coniglio di Alice: l’ansia del poco tempo non ti fa vivere il tempo presente che ha, anche lui, una sua dignità.

Perchè dimentichi di chiedere perchè?

Non ce lo domandiamo mai il perché delle cose?
È triste pensare anche a come nell’uso comune si chieda “chi, dove, come, quando e perché?” quando in realtà tutte le domande precedenti all’ultima sono ad essa semplicemente funzionali.
Io delle cose voglio sapere il perché, un perché bello, completo, che mi sazi e mi riempia l’anima e le doni pace.

Fumetto di Daniele Milella


La prospettiva dell'organizzazione

Organizzare qualcosa, compresa la propria vita, è come dover fare un disegno realistico (anche perché se non si organizzano realisticamente le cose va a finire inevitabilmente male). È essenziale porre dei punti fermi in confronto ai quali far reggere tutti i chiari-scuri e la prospettiva del disegno.  

Felicità

La felicità per molti è un’utopia, una cosa fantastica che quando compare ci vuol poco prima che scompaia tornando nel suo mondo patinato. Molti non sanno che la felicità è una buona abitudine che si prende.
Del resto non è colpa nostra se nasciamo con una gran quantità di cattive abitudini… Ma se proprio dobbiamo acquisirne altre, di abitudini, nel corso della vita, mettiamoci uno sforzo in più e prendiamo le migliori.



Fumetto di Daniele Milella


Diversi ma uniti


È fantastico pensare a quanto si possa essere diversi, utilizzare mezzi diversi, vedere possibilità diverse ma avere gli stessi obbiettivi. È fantastico essere come il giorno e la notte e pure mescolarsi nell’alba e nel tramonto pur non perdendo se stessi. È fantastico capirsi nelle proprie pazzie e passioni pur non avendo esperienza, sensazione, uguale di quelle.

L’artista è il chiuso, l’introverso, chi non sta bene con gli altri (e a volte finisce, per questo, per non star bene con sè stesso), è il figlio minore, quello prediletto, chi non si sforza per essere capito nè per capire, chi "o è o non è", chi vede nelle arti pratiche la sensazione di sé stesso e l’esaltazione dell’arte, chi non si capisce ma si sente e non agisce (spesso perché non può), chi di una canzone Sente la musica e non il testo, chi dell’esibizione sente la scena e non la tecnica, chi nell’esibirsi non ha paura della tecnica ma nel non poter sentire e dell’esser distratto, chi si sente più a proprio agio quando entra nel corpo di un altro, chi ha bisogno del colpo all’anima e lo cerca tanto da tuffarsi in un mondo di ricerca perdendo di vista il reale (e non credendo più di poterlo trovare), chi non sempre è coraggioso, chi di un comportamento umano vede solo ciò che sente su di sé e non l’oggettività dell’azione stessa. Chi Produce l’arte che poi il razionale dovrà interpretare.

Il razionale è l’aperto al mondo, un estroverso comunicatore mai dedito a frivolezze, chi, anche stando male con sé stesso, è immerso nei rapporti con gli altri, è il figlio unico, chi si sforza per essere capito e per capire, chi "potrebbe essere", chi vede nella pratica delle arti che gli vengono proposte la sensazione del pensiero di sé stesso, dell’artista e del mondo; chi vive la sensazione mediata dal razionale, chi sente lo smuoversi ma non lo prende né lo lascia sfuggire all’esterno senza elucubrazione, è l’interpretatore, chi è tanto preso dall’interpretare che a volte fatica a sentirsi o sentire, chi l’attimo di pace non lo usa per chiudere gli occhi ma per aprirli, chi la canzone la Usa per sentirsi nel testo e non nella musica, chi dell’esibizione Sente la bravura e non l’impatto, chi nell’esibirsi prova paura per la tecnica e non per il sentire, chi non potrebbe mai essere diverso da se stesso, chi non ha bisogno di grandi emozioni per vedere e affrontare la realtà più cruda, chi non sempre è coraggioso, chi in un comportamento umano vede tutte le possibilità con gli occhi di tutti e sente con il suo cuore. Chi interpreta l’arte di chi gliela propone.

Come in uno scontro tra metafisica ed empirismo. Il metafisico resta tale anche quando analizza un fenomeno fisico; l’empirico resta tale anche quando legge e Sente una poesia. L'uomo, tra le tante caratteristiche, non è coraggioso ma può trovare coraggio con il diverso che è nell'uomo stesso. L'uomo può essere tutto e far tutto anche grazie al diverso, pur sempre nuotando nel proprio mare.
Basta corrersi incontro, nel bene come nel male. Corrersi incontro per ridere e per gridare sé stessi. 
Non bisogna mai perdere sé stessi, è la base per un buon tramonto come per una buona alba. 
Non aver paura, capisci cosa ti fa sentire quella fatica all’altezza del petto, non ignorare quella sensazione, affrontala, senza paura, affronta la causa, nemica o amica che sia, amata o odiata. Devi farlo per te. Perché, tra l’atro, così, e solo così, si cresce. Fa crescere più il clown che cade su una buccia di banana, un film romantico, un libro di frivolezze oppure un monologo di satira, un film storico, un libro di vita vissuta? Cosa c’è di più frivolo dell’Amore, del resto? Ma l’Amore è star bene con una persona o vivere bene insieme? Se lascerai sfuggire ogni traccia di te quando serve farti valere vivrai bene o starai bene in quell’attimo di momentaneo scampato pericolo? Quando Federico II a Napoli chiese “volete la costituzione o i maccheroni?” quanto fu saggia, a lungo termine, la risposta del popolo?

La terza linea


Conoscere bene una persona è come fare di lei un bel disegno.
Poniamo che un disegnatore passi su un ponte, tra dei campi, in una stradina... Un posto solitamente desolato, ma proprio perchè desolato si presenta come speciale, ti attrae. Anche tra le persone spesso è così. Tra il disegnatore ed il soggetto nasce un'alchimia particolare, un'attrazione fatale per la quale poi sarà difficile distinguere se il posto è diventato speciale perchè lo si è ritratto oppure se lo si è ritratto perchè è speciale... perchè si è fatto ritrarre. Ritrarre davvero. Parliamo infatti di un Bel disegno.
Quando si vuol disegnare qualcosa il nostro occhio percepisce per prima la sua bidimensionalità, il nostro cuore però ci vede qualcos'altro e così disegni. Iniziando a tracciare le linee, a guardare attentamente quel particolare che non è così semplice come sembrava, quella luce che crea un'onda strana e ti accorgi che quell'onda è data dall'ombra di qualcosa lì... Devi capire cos'è e allora osservi. Questo disegno dev'essere perfetto perchè è così bello come lo vedi che è così che deve essere. Capisci e disegni... in quel momento ci si rende conto davvero della natura reale della tensione verso Quel soggetto. Senti in bocca il suo sapore, nelle narici il suo odore, sotto le dita la sua complessiva consistenza, senti Tutto. Un po' dolce, un po' agre, un po' vellutato, un po' aggressivo, un po' delicato, un po' ruvido. E allora l'alchimia prende forma e il disegnatore, senza accorgersene, traccia la terza linea. Altezza, larghezza... e Profondità. Conosciamo davvero una persona quando riteniamo di aver visto la sua Profondità. Non è influente cosa questa persona diventerà: l'Amore della tua vita, l'Amicizia mai vista, la Comprensione mai avuta, un padre, una madre, un nonno o una nonna. Certo però sarà qualcosa di Speciale. E allora, tu, disegnatore della porta accanto, tu che hai visto qualcuno e ne hai percepito in modo alchemico la Profondità, disegnalo. Perchè perdere l'occasione di sentire sotto le dita la terza linea?

Il fantomatico "flusso e riflusso della vita"


Molte persone vivono ma non si sentono vivi. E' come se attendessero una scossa che smuova le loro interiora, che le faccia sentire persone e non individui. Sono consapevoli però di cos'è la vita: Emozione. E allora cercano l'emozione, quella vera, quella forte che ti sconvolga l'anima: sport estremi, viaggi intorno al mondo nei luoghi dove Dio ha dimenticato il collegamento con le altre terre emerse... Alcuni di loro tornano diversi dopo il lancio nel vuoto, dopo il giro della morte, dopo il viaggio nella miseria del mondo, altri no, altri ancora Pensano di sì. 
Alcuni altri aspettano. Molti tra loro pensano che non ci sia niente da fare, che ciò che possono Sentire è ciò che sentono e ciò che possono Dire è ciò che dicono... insomma, l'Emozione non è per loro. Loro sono troppo duri, si sentono diversi, sbagliati. Non sentono di avere niente e allora si aggrappano a loro stessi: "non ho bisogno di nessuno, io". Poi... Un giorno, Quel giorno, basta una storia, raccontata, letta, ascoltata in tv; basta uno sguardo, incrociato per la strada, di un amico o di un famigliare; basta un'immagine, una scena immortalata in una foto, orchestrata in un film, immaginata. Basta un attimo per catapultarli lì, lì dove l'Emozione penetra dentro e sentono che c'è qualcosa di sbagliato, che "quella persona deve assolutamente saperlo", che devono correre, che devono dare un pugno a qualcosa, piangere, urlare, per Non scoppiare. Un pianeta che ruotava a zonzo nello spazio, sconvolto da una tempesta, poi impazzito, che torna nell'orbita della serenità, torna al suo posto. Finalmente sente di averne uno, sente di partecipare all'orbita degli altri. è strano muoversi e non restare fermi, è strano partecipare al "flusso e riflusso della vita", è strano vedere la propria anima fuori dal proprio corpo, vederla; vederla, magari, negli occhi di qualcun altro.
Finalmente, quel giorno lontano, ci siamo sentiti capaci di dare e di ricevere.

Foto di Silvia Simone



Il metodo dello studio della matematica



Avete presente quando a scuola eravate alle prese con lo studio della matematica e vi domandavate: "ma a cosa mi serve studiare questa robaccia?" e vi veniva risposto: "ti insegna il metodo"? Ma metodo de che?
 Ecco. Forse ho capito a quale metodo si riferivano quei grandi. Oggi si può dire che ho fatto della matematica un po' il mio metodo.


Vivere dei rapporti umani, affettivi, è come studiare la matematica.
Ogni volta che si parla, si discute si impara una nuova operazione matematica; si parte, ovviamente, da quelle fondamentali: addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione. Il bello arriva quando, davanti all'espressione, non deve essere necessario andare a ripetere ogni operazione fondamentale ad ogni passaggio... altrimenti svolgere l'espressione potrebbe diventare "problematico".
Così si va avanti nello studio della matematica e si imparano cose nuove e si diventa sempre più bravi. Non bisogna mai stancarsi di imparare perchè è certo che mai una nuova operazione imparata sarà l'ultima, almeno non per molto tempo... si studia la matematica per tutta la vita, si diventa sempre più bravi ma non sarai mai bravo in assoluto, dovrai avere la pazienza di continuare a studiare. In questo modo i rapporti umani crescono e diventano sempre più appaganti, belli da vivere, ogni espressione diventa sempre più facile... non c'è un limite di Perfezione, di conoscenza, alla quale si possa arrivare.
Peccato, la vita umana è troppo breve per poter conoscere tutta tutta la matematica tanto da diventare Il matematico e per poter conoscere a tal punto i pensieri dell'altra persona (i quali sono stati imparati giorno per giorno, operazione per operazione, insieme) tanto da diventare tu l'altra persona e l'altra persona te.
Certo, la vita è troppo breve, ma se uno è portato... chissà!

Il negozio dei sentimenti


“Il buon umore è uno dei migliori articoli di vestiario da indossare in società.” (Vanity fair)

L'ira e la malinconia sono abiti di fattura pregiata. Nel negozio dei sentimenti appaiono come abiti trasgressivi e lussuosi. A volte senti la necessità di provarli, il bisogno. Allora tutti corrono a dirti: "ma no!", "perchè lo fai?", tu non li ascolti, lo provi e li mandi via. è bello quel vestito. Lo tieni qualche ora, a volte un po' di più, e piangi, urli, tremi. Ti sfoghi, ti senti libera costretta nell'abito della tristezza. Poi ti guardi meglio e, allo specchio, trovi qualche difetto. "Non stringerà troppo?", "Così vestita mi eviteranno tutti.", "io non sono poi così trasgressiva". Allora, stanca, lo riporti sul nero ed elegante manichino. Guardando un po' più in là vedi un vestitino, dolce, magari a fiorellini, che quel abito così elegante non ti aveva fatto notare... Lo provi e la gente che avevi mandato via torna sentendoti ridere. Ti senti meglio, più a tuo agio. Non sarà sfarzoso e raffinato ma ti sta d'incanto, ti regala una luce che nessun diamante può darti... 
Ma tu guarda un paio di fiorellini che possono fare! Mah.




Immagine: bozzetto Moschino 

lunedì 8 aprile 2013

Questione di fisica

Ed eccoci al primo post. Ho deciso di aprire questo spazio per condividere con altri le mie elucubrazioni mentali che escono spesso dalla mia testa affollata. La testa di una donna è di per sé affollata. Ad esempio... Ultimamente pensavo... 

Come vorrei potermidimenticare delle cose. O meglio, non attaccarmi a loro come una cozza pronta atirarle su quando l’altro se ne dimentica. Essì, perché la gente dimentica! È un po’ come se vivessimo in bilico su dei paletti di legno in mezzo al mare eci rapportassimo con la gente tramite delle corde: io tengo un capo e tu tienil’altro. Quelle corde sono il nostro rapporto, siamo noi, le cose che cidiciamo, la vita che abbiamo con le persone dall’altro capo della corda. Suquella corda inseriamo, nel tempo, una serie solidi che rappresentano promesse,parole, discorsi, rassicurazioni e così via. Sono solidi colorati, bucati nelcentro attraverso il quale passa la nostra corda. Ognuno ha il suo peso e nonpossiamo sfilarne uno perché ciò comporterebbe che l’altra persona debbaaiutarci, tirando su la corda in modo da far scivolare verso di noi i solidi, eperché se devi sfilarne uno al centro devi toglierne altri. Quella corda pienadi solidi è pesante e l’unico modo per tenerla su e fare in modo che non cadané da un alto né dall’altro o che non ci faccia cadere in acqua entrambi ètenerla stretta, reggerla. Certo non bisogna inserire un solido troppo pesante,che sai di non poter reggere, altrimenti metterai in difficoltà te stesso el’altro! Devi farti i muscoli! Ma sai che belli i muscoli, a chi non piacciono?E poi a furia di tenerla diventa una passeggiata e ci sentiamo fighissimi!Certo all’inizio il nuovo peso con il vecchio peso è faticoso ma se resisti saiche la fatica è ripagata!

Ogni tanto però vorrei potermi un po’ rilassare, solo rilassare perché so chel’altro mi inciterà, mi ricorderà di quei solidi appesi, o che l’altro miliberi per un po’ di un po’ di quel peso tenendola lui più alta. Ma so che ladimenticanza, che è la gravità, e l’incoerenza, che è la pigrizia, son cosediffuse qui, in mezzo al mare… perciò io, che non voglio cadere, far caderel’altro, farci cadere entrambi o mollare la corda mi aggrappo a questa in uncontinuo “attento, si abbassa! Tirala su! Vedi? Ricordi? Quel solido è pesante!Guarda come tira! Ehi ehi attento! Così cadiamo! Ehi non resisto se fai così!”…sì, un po’ è faticoso. Un po’, un po’. Un po’ mi fan male le mani, un po’, ognitanto. E le spalle, un po’, ogni tanto. Vorrei solo rilassarmi un po’ e nonessere sempre io a ricordare ma provare la sensazione, per gli altrifastidiosa, per me piacevolissima, di sentire “ehi ma avevamo inserito quel solido rosso di un kilo! Non ricordi?”.


Fumetto di Daniele Milella

Benvenuti!

Ciao, io sono Marika e questo è il mio blog... che non parla di niente eppure parla tanto!