sabato 29 giugno 2013

La morale della riservatezza

Non riesco a considerare la riservatezza come un pregio. È più forte di me, mi assale la perplessità quando sento che qualcuno si definisce "riservato", magari in un contesto nemmeno troppo da gente riservata... Ecco, forse mi dà di ipocrita a volte, le altre volte invece mi sembra appunto come se ci si vantasse di un difetto.
Forse, in un passato molto lungo e non troppo lontano, la riservatezza è diventata un pregio per le cittadine che, da Nord a Sud, nessuna esclusa, erano popolate da gente che non potendo vivere la vita degli altri, per insoddisfazione della propria, su piccoli e grandi schermi,  magari non ancora arrivati, o nella fantasia o meno dei libri,  lo faceva dai balconi e dalle sedie di paglia per le strade. Farsi i fatti degli altri è un difetto di conseguenza la riservatezza è un pregio. Del resto la cultura insegna che alla frase "i panni sporchi si lavano in casa" è connessa, modernamente, una vena di disgusto, di omertà, di costrizione e soprusi da non rendere pubblici. Bhè qui la riservatezza è un difetto, ma solo perchè è una pesante tenda che nasconde il sipario agli spettatori o perchè lo spettacolo è nascosto da gente poco per bene? O semplicemente perchè alla società si deve tutto, anche il giudizio di sè stessi? È vero però che la societá era ed è composta da individui, tutti pronti a giudicare ritenendo che il sipario sia più gradevole se sempre aperto ma ben consci che più si guarda in casa altrui meno si guarderà nella propria che vanta una tenda più pesante e, talvolta, decorata a tinte sgargianti perchè la riservatezza è un pregio e come tale va sventolato. C'è da considerare che nella società di cui trattiamo (spesso non distinta dalla nostra) dietro le tende si dava per scontato che ci fossero panni "sporchi", sporchi per chi guarda con gli stessi occhi che guardano i panni propri e degli altri perchè le regole per gli altri sono ferree e, per un triste gioco della coerenza, lo sono anche per sé stessi: la società è crudele perchè noi siamo crudeli. Insomma un metateatro nel quale lo spettatore è egli stesso protagonista e trafila con tutti gli altri la trama dei racconti: lo spettatore vittima e carnefice. Certamente la morale cattolica, che non rispecchia altro che la mentalità più umana e, quindi, più ingenua  di tutte, quella del popolo, è il palcoscenico di questo teatro e probabilmente gli dà anche il nome. Il popolo sa che i panni sporchi si lavano in casa, che i peccati si scontano davanti alla società, cattolica e moralista, che si fa voce di Dio, ma è lo stesso popolo che sa che chiuse le tende sfarzose, per chi ha coscienza forte e faccia innocente, tutti i peccati sono solo innocenti piaceri o semplici atti innocui.
Oggi i valori dovrebbero essere diversi in realtà perchè la coscienza dovrebbe rifarsi non all'ideale dell'onore e della morale difronte alla gogna pubblica ma a quelli della gogna privata, mi spiego: oggi  dovremmo essere tutti abbastanza intelligenti da ritenere che se ci si comporta secondo la propria coscienza e/o in accordo tra le parti e, sopratutto secondo le leggi (che, come tali, tutelano la sicurezza e non la morale), non c'è niente su cui gettare del riserbo: non ci sono documenti da nascondere, telefonate che non possano essere ascoltate, sms e mail che non possano essere diffusi. La morale non è legge e la legge è la sola morale. Solitamente le cartelle top secret nascondono nefandezze e le persone riservate, esattamente come le cartelle che li riguardano, non sono altro che persone che fanno ragionamenti senza fondamento e azioni sconsiderate (cioè non considerando le azioni stesse prima di agire). La riservatezza non è un pregio, è solo un modo per dire che non vuoi essere giudicato perchè hai fatto qualcosa di sbagliato, contro legge (se hai fatto qualcosa di sbagliato, invece, solo secondo morale nasconderlo è solo pura ipocrisia, anche contro sè stessi).  Ora: personalmente adoro saper rispondere fieramente a domande, che non ritengo mai "scomode", e dire fieramente cose perchè se la coscienza è pulita davvero la società pensante, tutta, non potrà che dire o pensare (perchè dire a chi rischia di non pensarla come te è considerata aihmè ancora cosa rischiosa) che fai bene. 
La riservatezza difronte alla giustizia non esiste e non ha senso difronte alla morale, poichè è quest'ultima a non esistere. 

Cfr Roberta De Monticelli sulla morale: siate come Socrate

giovedì 13 giugno 2013

Come tutto il mondo è paese, tutti i secoli si riassumono in una generazione, una qualsiasi, a caso.

martedì 11 giugno 2013

#Racconto3 - Io voglio, oggi come oggi, Essere.

Eravamo in autobus sedute l'una accanto all'altra già da un po'... Io guardavo dal finestrino  pensando al gran sonno e alla molta poca voglia che avevo di studiare appena arrivata a casa. Avevo un libro sulle gambe che tenevo distrattamente con una mano per evitare che scivolasse alla prima frenata: non ne ricordo nemmeno più il titolo.
Lei era sulla cinquantina, curata, con uno chignon ben fatto, un velo di trucco per niente evidente ma molto efficace, una giacca blu aperta a coprire le ampie spalle con una spilla d'oro molto elegante, una gonna che tradiva la forma abbondante dei fianchi. Sorridente, con voce dolce ma squillante e in un italiano senza inflessioni mi domandò di cosa trattasse il mio libro del quale, mi confessò, aveva sbirciato la copertina e le aveva intrigato il titolo. La domanda mi fece uscire dallo stato laconico in cui versavo da quando mi ero seduta e iniziammo a parlare.

Era una signora tarantina, colta e simpatica. Mi raccontò della sua passione per la lettura di ogni genere (io non le credetti, "non siamo adatti ad ogni genere") e di uno spettacolo teatrale che era andata a vedere con il figlio la sera precedente... In particolare volle soffermarsi su una frase del protagonista che l'aveva colpita: "c'è chi asserisce di Essere e chi È. Io voglio Essere."

<< La forza di quelle parole è stata tale per me da risultare quasi come una canzoncina che si è ormai stabilita della mia testa: "c'è chi asserisce di Essere e chi È. Io voglio Essere." 
Quando si è chiuso il sipario il pubblico ha applaudito con foga, ho visto tra i volti espressioni sorridenti e soddisfatte: "che parole!", "quanta verità!" sentivo dalla fila dietro. "Mah", ho pensato.
Ho pensato veramente a tutte quelle volte che i fatti non corrispondono alle parole: "... la via per l'inferno è lastricata di buone intenzioni". -disse con il dito indice alzato e ballerino.
Ci ho pensato quando tutti sono usciti e fuori dal teatro molti si sono fermati a commentare quelle ed altre meravigliose parole.
Effettivamente ce n'è di gente che asserisce di Essere un sacco di cose: esperto d'arte, di musica, di cucina, di design, di faidate, di attualità; asserisce magari di essere paziente, simpatico, affabile, per niente permaloso e ottimista; asserisce magari di essere comprensivo ma di essere un incompreso.

La verità - mi disse - è che siamo tutti attratti dalle scorciatoie e che oramai siamo tutti opinionisti. Eh già, come quelli dei programmi tv di bassa lega dove non si usa più invitare l'esperto ma l'opinionista. Per l'amor del cielo: viva chi ne possiede almeno una di opinione! Ma santo lo stesso cielo, ci si dimentica troppo spesso che l'opinione non è verità e che la verità andrebbe ricercata, con fatica, nelle parole come nei fatti!

Molti sono sofisti: è facile imparare una bella citazione colta o semplicemente intelligente... 
Asserire di essere e, quindi, Voler essere, è incredibilmente semplice... è come quando si chiede ad un bambino: "allora, cosa vuoi fare da grande?", ti risponderà il pompiere, il maestro, il dottore... Al bambino non starai a spiegare che la strada è lunga e difficile per Essere. Non spiegherai al bambino quante lacrime, quanta fatica, quante giornate impiegate a rincorrere un sogno o più semplicemente la meta ci vorranno/vorrebbero per arrivare a quella vita, a quei contenuti, a quel Sapere, a quella Consapevolezza. - si fermò un attimo, scosse la testa con espressione quasi sconsolata e un po' polemica.

Oggi come oggi è più facile avere delle opinioni che farsi delle opinioni. Oggi come oggi "fare" è un verbo in disuso. Noi non facciamo niente e non vogliamo fare niente, non vogliamo arrivare da nessuna parte e, se si, ci vogliamo arrivare non facendo niente. Oggi come oggi l'importante non è capire ciò che si legge, ciò che si vede o che che si sente; l'importante è leggere, vedere o sentire, tanto mi farò un'opinione o, tutt'al più me la farò dare o, tutt'al più, potrò dire di aver letto, visto, sentito anche se in realtà è come se non avessi letto, visto, sentito un bel niente. In realtà potrei anche non leggere, non vedere e non sentire che tanto oggi come oggi non serve... (Normale, poi, che gli Esperti ci trattano come un pubblico di ignoranti, a noi piace essere trattati così e ci comportiamo così: "eh, ma bisogna considerare che il pubblico potrebbe non sapere, meglio più semplice") - era diventata irritata e scocciata. Io annuivo timidamente. Aveva ragione.

Parlando su un'opera d'arte o su un fatto ci sentiamo tutti professori... ma lo siamo solo d'opinione e, spesso, non Sentiamo e non Sappiamo nemmeno ciò che diciamo. Oggi come oggi, insomma, non c'è Sapere e neppure coerenza. Se solo la gente si comportasse come recitano i versi cui tanto applaudono almeno l'opinione, se non sulla cultura, la darebbero sull'esperienza!.>>

Si alzò faticosamente, era arrivata alla sua fermata. Mi sorrise mentre prendeva la sua, all'apparenza, pesantissima borsa e concluse sconsolata: "il cervello è un muscolo e come tale va allenato, ma sarà che "oggi come oggi" (ed anche come ieri) non alleniamo più niente, nasciamo già imparati...! Scusami, quella che è finita per essere una maternale non era per te! Sei attenta e curiosa, si vede! Cerca sempre di Essere - strinse il pugno - che di gente normale e mediocre oggi come oggi ce n'è troppa!"
Tornai a casa, dovevo studiare.


          Alla mia professoressa di Italiano, che da liceale ho tanto temuto quanto ammirato.
"Vaffanculo" è una parola dinamica. Ci sono "vaffanculo" che restano e altri che vanno:
- "vaffanculo, sei uno stronzo!" resta, per litigare, per portare rancore e farlo perdurare. Gestualmente parlando è come un pugno stretto.
- "vaffanculo, fai come ti pare." se ne va. Come una mano che scaccia via dalla parte opposta cui la testa è girata. Ed è meglio, sostanzialmente.