venerdì 30 agosto 2013

L'obbligo di Essere Felici

Si può avercela con qualcuno per il solo fatto di essere nato? Cosa pensereste voi se scopriste che la vostra famiglia non era felice nel sapervi in partenza per questo mondo? Non pensereste intimamente che avevano l'obbligo di essere felici per voi, che non avevate  colpa, che meritavate felicità per il vostro primo gesto nel mondo, cioè la nascita?
E cosa penserete se ad una notizia per voi bellissima i vostri migliori amici, i vostri genitori, i vostri figli non erano felici come avrebbero dovuto ma, anzi, erano perplessi e prevenuti o, peggio, indifferenti?

Perchè... perchè a volte si ha l'Obbligo di essere Felici? Perchè a volte è così importante per noi che gli altri provino gioia per noi? Per sentirci Amati, accettati, ben voluti; o per egoismo, superbia, vanità; o per rabbia, rancore, tristezza...? 

Forse perchè la Gioia è un sentimento che ci fa Esistere mentre l'indifferenza, al contrario, ci fa scomparire, ci fa diventare piccoli ed inutili. Se altri sono felici per me allora esisto, se mi ignorano o non mi vogliono, bhè, non esisto per loro... E se loro sono le persone più importanti allora non esisto affatto. 
Strano come sia la Gioia a donare vita. E come la Tristezza la tolga. 
Chi di noi è indifferente quando qualcuno è triste per noi? O indifferente nei nostri confronti? Ci sentiamo ancor più tristi, soli, abbandonati, piccoli. 
Condividere la gioia e tirar fuori dal dolore significa donare vita, essere un po' un Dio, essere un creatore.  
Verso di noi, contro i rimpianti, verso chi abbiamo vicino e verso tutti abbiamo l'Obbligo di essere Felici.

lunedì 19 agosto 2013

Exit: uscita a doppio senso

È proprio vero che le cose le sì riesce ad apprezzare di più quando sono passate, finite, lontane. 
Ma perché? Perché è così difficile apprezzare fino in fondo i dettagli (che poi sarebbero l'Essenza) delle cose quando ci siamo dentro, quando ce l'abbiamo difronte agli occhi? Forse perché siamo impegnati in altre faccende affaccendate, essenziali, forse, in quel momento ma così "poco profonde" nel complesso. O, forse, perché è giusto che la cosa più importante sia il ricordo. Ricordare ciò che è irrimediabilmente passato fa del passato stesso trionfo. Egli vince sul presente e marcia nella nostra testa, tamburella sul nostro cuore, urla sui nostri sensi. È giusto (e non dico normale o inevitabile appositamente) perché il vero Onore, il passato, c'è l'ha nella mente e non sotto le dita. Per quanto possiamo accorgerci che ciò che stiamo vivendo sia, anche e soprattutto nella sua piccolezza, nella sua semplicità, qualcosa di straordinario (intendendo esplicitamente l'etimologia del termine) è solo la mente a rendere grande, anche ad ingigantire, perché no, l'immanente. Sicuramente quest'ultimo è il più grande ostacolo per il "trascendente", vale a dire per la mente che "lavora" per rendere grande, gigantesco, ciò che è passato e mai più ritorna. 
Del glorioso passato a volte si finisce per diventare prigionieri. Per far pace con il "trionfo del passato", con il suo arc costruito nella piazza principale della nostra mente, è necessario usare la grandezza passata e la sua consapevolezza per rendere migliore il presente. Insomma, il solo fatto che il passato sia stato grandioso permette al presente di esserlo, essendo condannato, in ogni caso, a diventare egli stesso passato. Uscire dal presente per entrarci davvero, guardarlo da fuori, come se fosse passato per renderlo grande e uscire dal passato con la consapevolezza che il ricordo lo rende ancora presente e, quindi, ancora bello, ancora utile, ancora ancorato a noi proprio in virtù della sua natura, trascendentale e non immanente. Vivere di presente al meglio vuol dire vivere i migliori ricordi. Il presente non sarà Mai meraviglioso e perfetto quanto un ricordo ma... Poco male, la meraviglia del ricordo si concentra sulle piccole cose: tutto sta nel Viverle. 

venerdì 9 agosto 2013

#Racconto 4 - La donna senza sogni

"Basta, via, Mercuzio, basta! 
Stai parlando del nulla! 

Sì, di sogni, 
che sono i figli d’un cervello pigro, 
fatti solo di vana fantasia, 
che sono inconsistenti come l’aria, 
più incostanti del vento, che ora scherza 
col grembo gelido del settentrione, 
ed ora, all’improvviso, in tutta furia, 
se ne va via sbuffando e volge il volto 
alle stillanti rugiade del sud. "

Mi fecero accomodare. Era come se oramai l'occhio di bue fosse su di me e cominciai: "Ho sempre avuto un rapporto complicato con i sogni. Quando ero adolescente pensavo spesso che "i sogni sono inutili". Se ci pensate sognare qualcosa significa fondamentalmente immaginare qualcosa, pensare quindi a qualcosa che non c'è, che non abbiamo e, spesso, che non possiamo avere. Vorrei fare tante cose, come se fossi il personaggio di un bel film fantascentifico: cambiare eventi, modificare ricordi, far innamorare la gente (di me o di altri, non è rilevante), volare, teletrasportarmi (molto più figo che volare a parer mio), salvare il mondo... Un climax interessante se ci si riflette.
Ma sognare può anche significare avere aspirazioni. "Molto diverso" dice qualcuno lì infondo. Ebbene io dico di no. Anche le aspirazione possono essere infide, come i sogni. Si può avere qualsiasi aspirazione, non c'è mica un limite!  Possiamo dire, quindi, come quando ero adolescente, che i sogni sono persino dannosi? Forse. 
I sogni possono modificare la realtà, deviare il presente, buttarci in un grande baratro proprio per la loro irrealizzabilità. 
Mi si risponde, lì fuori, nel mondo, che i sogni e le aspirazioni spesso salvano le vite, fanno uscire da realtà poco felici, creano un futuro per persone che, altrimenti, sarebbero state come i loro padri e nonni, nulla di più, forse anzi di meno. E allora il sogno è ancora dannoso? Sì, io direi. Non serve sognare, l'essenziale è credere in sè stessi o, meglio e più astrattamente, credere nella propria capacità di imparare e migliorare. Il sogno è fuori da noi e all'aspirazione, non sembra, ma è riservato lo stesso posto: sono fuori, al freddo, e vorrebbero trovare rifugio nelle nostre menti, calde per il movimento dei nostri pensieri, sono approfittatori. Ai giovani non si dovrebbe dire che sognare è "meraviglioso". No, no, no! Riflettere, giorno per giorno, è meraviglioso. Creare realtà non fantasie è meraviglioso. La realtà deve diventare il sogno. In che senso? Semplice, si sogna "per sfuggire alla brutta realtà, malvagia e stretta". Bhè, così si fugge da un paese in difficoltà per andare nella terra delle grandi promesse... Promesse, solo promesse, esattamente."
"Non si può sognare un mondo migliore?", mi chiese un acneico ragazzino, promettente rivoluzionario del domani.
"No, risposi. È da vigliacchi sognare un mondo migliore, il mondo migliore bisogna farlo, tutti insieme davvero. Non nelle canzoni, nelle storie, nei film."
"E perchè aspirare ad un mondo migliore sarebbe una colpa?" , ora era il turno della signora in giallo, passatarivoluzionaria  decaduta.
"Perchè l'aspirazione è ancora sogno, immaginazione. La parola "aspirare" è utilizzata impropriamente. Dovrebbe dire "volere" un mondo migliore. Allora le cose cambierebbero e di molto." 
Lasciai il ragazzino perplesso, la signora ammutolita e gran parte degli altri attoniti. 
"Vedete, il mio personaggio è una donna semplice, senza sogni nè grandi aspirazioni, ciò che vuole è vivere, vivere realmente, in un mondo il più giusto e vero possobile. Un'idealista ma non una rivoluzionaria, un'altruista ma non una santa o una missionaria. Una donna qualsiasi, che non ha una gran carriera ma non per questo non ha una gran cultura, una donna bella ma non una modella. Una giusta ma non una giustiziera. Una che non crede che ciò che è giusto è anche ciò che è giustificabile. Una donna di cuore."
La presentazione continuò, meno vivace di come era cominciata. 
Ne feci altre, risposi ad altre domande, vidi altri visi attoniti.
"Lei non aspira ad essere prima nella classifica dei libri più venduti?" mi chiese un uomo rachitico, giornalista provocatore che si sente furbo ed intelligente. 
"Francamente no, io scrivo libri, rispondo a domande, penso e scrivo cose per guadagnarmi da vivere, questo è il mio lavoro, è ciò che faccio, non ciò che sogno di fare: per arrivare qui non ho sognato, ho creduto, fermamente, e ho fatto. Ci pensi: se anche avessi sognato questo e avessi fatto il necessario per arrivare a quel risultato e ciò finisse per non accadere... Cosa succederebbe? No, vede, io ho scritto senza pretese, credendo nel mio personaggio, tutto qui. Ora sta ai lettori darmi ciò che merito, io sto bene. Aspirare ad arrivare prima in classifica è altamente irrealizzabile, sta qui il dannoso."
"Non crede di essere un po' populista e banale con la sua argomentazione? Alla ricerca di un'originalità che mistifica una persino non chiara visione?" Eccolo, era arrivato, il complicato filosofo. 
"Guardi, se mi sta accusando di qualcosa francamente non intendo cogliere la provocazione. Non cerco originalità nel mio libro. Sognare è populista e banale. Miss Mondo ogni anno aspira alla pace nel mondo facendosi fotografare in costume da bagno e sogna di abbattere la miseria con igiornalisti. Che brava ragazza...
Io racconto la vita di una bambina, ragazza, donna, signora che non ha una nazionalità, un posto di rilievo nel mondo, come molte donne. Le sembra originale? Non ha grandi aspirazioni forse ma ciò non significa che non abbia grandi meriti. Insomma, la donna del mio libro è la base del mondo. Senza di lei presidenti, giuristi, grandi uomini di chiesa, imprenditori, grandi della storia non sarebbero nati, eppure lei era lì. Il meglio della gente normale insomma."

Morale della favola: la mia donna è stata accusata, apprezzata e manipolata da tutti coloro che lessero, Lessero e "lessero"  il mio libro ma va bene così, la mia donna è lì tra mille altre come lei e fino a quando ci sarà gente che non sogna, che non fa e non crede alle promesse dei sogni quanto crede nella potenza della ragione, della capacità e della realtà allora tutto va bene, il mondo prosegue, sorretto da lei e da molti altri. 

lunedì 5 agosto 2013

Adolesco

È adolescente chi cerca spasmodicamente sè stesso, anche e sopratutto in qualcun altro. Cerca la completezza mentale, sentimentale e fisica. Per crescere, per diventare forte. Se identifichiamo l'adolescente con questa definizione sarà facile obiettare che allora l'adolescenza non corrisponde all'età alla quale, scientificamente, siamo abituati, piuttosto lì vi comincia per finire chissà quando... Forse la spiegazione sta nel fatto che l'adolescente è un piccolo uomo incompleto a cui serve crescere e capire e per fare entrambe le cose ha necessità di confrontarsi con gli altri. Ma...


Con gli amici si cresce, con l'Amore, di qualsiasi tipo, si matura. 

Recentemente ho scoperto che non sempre tra amici si è legati da un rapporto d'amore, spesso si è solo "amiconi", compagni insomma. E, meno recentemente, ho scoperto che non sempre tra fidanzati ci si può definire innamorati. 
Dov'è l'Amore, allora?
Se solo con l'Amore si matura perchè si tende a stare e restare soli? Anche in gruppo, anche in coppia? Perchè non si accetta che per ricevere bisogna donare? Perchè non si comprende che per scoprirsi bisogna tirarsi fuori, rischiare, lottare per sè stessi? Perchè la gente ha così poco amor proprio da non capire che amare gli altri  È amare sè stessi? E che capire gli altri equivale, inevitabilmente, a capire sè stessi? 
Siamo ancora scolari, discenti. 
Siamo confusi, come di fronte ad un esercizio di cui non capiamo le regole, come di fronte ad un meccanismo di cui non conosciamo il funzionamento. Chissà quando l'adolescente capirà, imparerà,  che la chiave è Amare. Amare incondizionatamente. 

"Gli amanti", Renè Magritte