lunedì 6 maggio 2013

I binari verso la felicità


Perseguire la propria felicità è difficile... figuriamoci perseguire quella di chi amiamo. Se non sappiamo come rendere felici noi stessi com'è che a volte pensiamo di sapere come rendere felici gli altri? "Mistero della fede" potrei dire per togliermi dall'imbarazzo del rispondere... In realtà non lo so ancora, ci arriverò spero in futuro... Ma qualcosa, di più pratico, però l'ho imparata.

Nell'ideale del perseguimento della felicità di chi amiamo bisognerebbe muoversi con metodo e cautela, muoversi cioè per la moderazione delle parti, per il senso del dovere (che spesso sfugge di mano anche se ne percepiamo l’importanza) e nel rispetto. Quando il treno corre servono i binari per non farlo deragliare e, magari, non fargli perdere il carico...

Il rispetto comprende, tra le tante cose, la resa dei propri principi a favore di quelli dell’altro (“I panni”) e nel “tatto”, tanto temuto e tanto odiato per chi “non si sente capace”. Inutile citare la fiducia in noi stessi, nel nostro spirito d’osservazione  e nel nostro essere “giusti” o la comprensione del nostro sforzo dall'altra parte poiché i “sì però…”, sono convinta, si sprecherebbero. A tal proposito l’unica cosa da dire è che focalizzarsi sul rispetto dell’altro (ciò significa anche nel rispetto dei suoi tempi come dei suoi sentimenti che sono anche paure, ansie, fantasmi che non noi vediamo ma dei quali possiamo percepire la presenza nell'altro)  è tanto difficile quanto importante quindi c’è poco altro da fare se non sforzarsi e, possibilmente/assolutamente, riuscire.  

La moderazione, tendere cioè alla conciliazione, con la corrispondente resa dei propri personali pareri in merito alla questione, è importante per perseguire la felicità altrui (anche se non corrisponde proprio alla nostra) e questo perché se c’è da far questione vuol dire che c’è un interesse in ballo e se questo interesse non è materiale ma emotivo , un affetto di qualsiasi tipo, dobbiamo preservarlo, in Ogni modo. Potremo non essere spinti noi verso quell'affetto ma ciò non ci giustifica nel tentativo (consapevole o meno) di aumentare l’astio per portare l’altro al nostro distacco.
Di fronte al terzo saremo sempre pronti a difendere a spada tratta il nostro amico, fidanzato ma in privato  sarà d’obbligo anche minimizzare, conciliare ed essere ottimisti: moderare chi ci è accanto per far scemare una contesa che gli fa male e per congiungere non chi ha ragione e chi ha torto ma chi condivide un rapporto affettivo, che è la base. È bene essere sempre vicino all'altro ma mai cospirare per la risoluzione con il terzo a meno che non si sia certi che non si tradisca in questo modo la fiducia che il nostro affetto ci ha riservato: al primo posto c’è sempre lui.
Se l’astio (che non è pigrizia e su questa distinzione, ammetto, mi son spesso divertita) è troppo forte non dobbiamo aver paura di gettare le armi, di fare un sorriso e dire “se è questo che vuoi io sono accanto a te”, di fronte al mondo non saremo stati mai “lontani” ma ora il tentativo di moderazione privata è concluso ponendoci nello “scarico delle nostre responsabilità”. Mi è capitato spesso di andare contro questa regola assumendomene totalmente la responsabilità e sono consapevole che il mio successo sia derivato, oltre che dalla mia cocciutaggine e perseveranza, da una discreta botta di fortuna e dalla pazienza, l’intelligenza e la comprensione di chi (tutti) mi sono trovata davanti. 
Dobbiamo essere un po' come dei binari: se la rabbia, la tristezza o la rassegnazione portano l'altro a deragliare cerchiamo di portare l'altro con calma sui binari giusti. In questo caso sarà il caso di dargli spazio quando sarà aggressivo, essere amorevoli quando lo è con noi e quindi quando dimostra di volere amorevolezza (anche se ciò dura pochi secondi prima di un nuovo isolamento, forse pochi secondi avranno fatto già la differenza), essere pronti e comprensivi negli sfoghi e nei silenzi.

Per il senso del dovere, che sia da considerarsi tale, bisogna lottare molto... quante volte sentiamo che l'altro vuole mollare tutto? Il dovere deve essere congiunto, mai disgiunto, dal concetto di realizzazione personale, è vero, ma qualora ci si renda conto che un dovere non porti alla felicità siamo obbligati, verso l’altra persona, a cercare di sacrificare un po’ noi stessi per renderlo più “appetibile” o di mutare lievemente, considerevolmente o totalmente il dovere in questione al fine di renderlo il più vicino possibile alla serenità se non alla felicità dell’altro: compiere un dovere è importante tanto quanto lo è la serenità quotidiana nel compierlo.
La visione di “dovere” non è uguale per tutti e per questo mi sono spesso prodigata nel cercare una specie di “ius comune”… Qualche dovere imprescindibile mi è venuto in mente, come immagino a voi, ma probabilmente non raggiungerei mai una percentuale abbastanza alta di assensi quindi sono costretta a rassegnarmi al più volte da me odiato detto “il mondo è bello perché è vario”, nel bene e nel male, aggiungerei.

N.B. Non esiste un vero e proprio manuale su come comportarsi con il mondo e questo blog certo non lo sarà, ma esiste la “presa di coscienza” di certe questioni in seguito (quasi mai prima) agli errori e questa non è altro che la mia presa di coscienza sulla questione: l’importante per me è la mia felicità quanto (se non più) la felicità di chi mi sta accanto che, per la mia superbia, Deve essere felice nel mondo e nel Proprio mondo, con il mio aiuto e con le Nostre prese di coscienza che, forse, serviranno non solo nel caso si voglia perseguire la felicità dell'altro. 





Nessun commento:

Posta un commento