venerdì 4 ottobre 2013

"Là, in mezzo al mar, ci stan camin che fumano"

La vita ci traumatizza, la gente ci traumatizza, le scelte (spesso degli altri) ci traumatizzano. 


È inevitabile che il mondo in un qualche modo ci condizioni, ci spinga come fossimo immersi in un liquido che ci trascina con la sua corrente (... tanto la bacinella, assicuro, non è tanto grande e siamo più simili a pesci che, arrivati alla fine della boccia, si girano e credono di vedere un nuovo mondo). 

Viviamo su una piccola isola in mezzo all'oceano. A volte va così, la nostra vita qui, benchè abbia risvolti personali ed imprevedibili, è pur sempre immersa in quel liquido. Ma perchè lasciare che le cose ci traumatizzino? Perchè perdere totalmente il controllo, in balia del mare, come se esso fosse sempre e costantemente in tempesta? 
Il trauma è qualcosa che lascia il segno, una cicatrice, un tatuaggio o, a volte, solo un livido che passerà presto. Il trauma è qualcosa che ti impedisce di vivere normalmente, di vivere come prima, quando non ce l'avevi. Ammiro chi, dopo averle prese ed essere sopravvissuto torna sul luogo del delitto pronto a prenderle e a darle un'altra volta. Chi non lascia che il trauma cambi la propria vita.

Chi non lascia che la vita lo traumatizzi, chi lascia invece che la vita lo prenda e lo porti dove vuole senza che ciò comporti una violenza che lo blocchi e lo faccia inghiottire dal mare... Chi nella tempesta non pensa che il mondo sia finito ma ha la forza di lottare finchè può, di non perdere mai la speranza, di tenere stretto il suo vicino, chi non si lascia trasportare guardando scomparire nell'acqua nera tutto ciò che pensava fosse suo. 

Tutto si conquista e quando e se quel tutto sarà tuo allora di contro quel tutto sempre si rischia. Utopia? No, istinto di sopravvivenza e di "vivenza" perché in questa vita non si deve solo essere dei sopravvissuti ma si deve vivere, altrimenti il trauma è ancora lì che ti classifica e ti impedisce di vivere permettondoti solo di sopravvivere, ogni giorno, a se stesso. 

La vita è il principale impiego da queste parti, lavoriamo per l'unica azienda della zona, dalla quale noi stessi, tutti, per tutto, ci serviamo... Solo che questi son furbi, ci hanno assunti a cottimo, solo pochi si sentono lavoratori specializzati e i dirigenti hanno da ricordarsi che non hanno granché di garanzie. Siamo tutti precari, tutti operai, tutti sulla stessa barca, tutti nello stesso mare. Non è proprio il caso di farsi traumatizzare... Altrimenti, chi guadagna più? 

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